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lunedì 24 febbraio 2014

Serata tipo - Piccante!!!

Ogni tanto si deve pur osare! Anche col rischio di esagerare. L'altra sera ci è venuta voglia di sperimentare una ricetta dal sapore talmente forte da scuotere il palato. Paprika, pepe e peperoncino sono state la base della nostra ricetta che, dopo averla preparata e assaporata, abbiamo deciso di nominarla: El pollo del Diablo. Con un sapore così forte, non poteva non esserci una visione altrettanto forte. Da lì, la scelta di proporvi Old Boy, versione Spike Lee. 


La ricetta
El pollo del Diablo




INGREDIENTI per 2 persone:

-          8 pezzi di pollo ruspante misti tra cosce e sovra cosce;
-          1 cucchiaio di peperoncino tritato;
-          1 cucchiaio di paprika forte;
-          1 cucchiaio di pepe nero;
-          1 spicchio d’aglio;
-          1 cucchino di rosmarino tritato;
-          olio evo, sale, vino bianco: q.b.


PREPARAZIONE (20 minuti):

Creare una sorta di impanatura mischiando tutte le spezie, impanarci il pollo con cura e fare riposare per alcuni minuti. Scaldare una padella antiaderente a fuoco alto, metterci il pollo prima dalla parte della pelle, fare dorare da entrambi i lati. Sfumare con il vino, aggiungere un po’ d’olio e lo spicchio d’aglio diviso a metà e privato dell’anima. Continuare a cuocere con coperchio a fuoco moderato per 15 minuti circa.

Alessandro Ricchi



La recensione
Old Boy




Vendetta. Joe Ducett è un bastardo egoista che si disinteressa della figlia piccola e di pagare gli alimenti all’ex moglie. Una sera in cui è completamente ubriaco, viene rapito e portato in una cella realizzata come fosse una camera d’albergo. Con la sola televisione come compagnia, scopre che l’ex moglie e stata brutalmente assassinata e che lui è stato incastrato per il suddetto omicidio. Joe resterà in quella cella per venti anni, senza sapere il perché, chi lo ha rapito e con la sola idea di ritrovare la figlia e riscattarsi. Old Boy è una storia di vendetta, anzi, la vendetta per eccellenza. La storia è superlativa e qui, il merito, è tutto della creatività del regista sudcoreano Park Chan – Wook che ha realizzato l’eccezionale trilogia composta Mr. Vendetta, Old Boy e Lady Vendetta. Il regista Spike Lee (Malcolm X, Summer of Sam, Fa la cosa giusta, La 25° ora) realizza un remake che sublima il lavoro del collega sudcoreano, grazie al suo stile elegante anche nelle sequenze più violente. Sicuramente vi sarà chi non apprezzerà le modifiche alla storia originale che, comunque, alzano la posta del film e lo rendono ancora più accattivante. Poi c’è Josh Brolin (W., Milk, Non è un paese per vecchi). L’attore ti conquista e ti conduce per mano attraverso ogni singolo attimo del film. La sua bravura coinvolge al punto tale che si dimentica tutto il resto e si resta concentrati sulla sua storia e il suo bisogno di rivalsa. Bravi anche Sharlto Copley (District 9) e Elizabeth Olsen. Il finale è un climax di emozioni più disparate che ti turbato per parecchio tempo. Da vedere assolutamente. Punto e basta! 

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA


domenica 23 febbraio 2014

Serata tipo - Romantico...

Anche se San Valentino è passato, non significa che non si possa continuare a essere romantici. E chi meglio di Venere, Dea dell'Amore, può rappresentare questo forte sentimento? Giocando con le parole, abbiamo pensato di utilizzare come base di questa ricetta il riso venere. Caratterizzato da un colore scuro, un nero di seppia, è una qualità di riso molto croccante e dalla lunghissima cottura, perciò organizzatevi bene con i tempi. Come accompagnamento di questo Riso venere alla pescatora, abbiamo scelto il recente Storia d'inverno, non molto riuscito nella messa in scena, ma comunque dannatamente romantico. 


La ricetta
Riso venere alla pescatora








INGREDIENTI per 4 persone:

-         250 g. di riso venere;
-         500 g. di misto calamari, gamberoni e cozze;
-         2 spicchi d’aglio;
-         2 peperoncini;
-         800 ml. d’acqua;
-         1 carota;
-         1 costa di sedano;
-         1 cipolla;
-         6 pomodorini pachino;
-         mezza zucchina;
-         mezza carota;
-         olio evo, sale, vino bianco: q.b.;




PREPARAZIONE (40 minuti):

Preparate il brodo soffriggendo in una piccola casseruola le teste e i carapaci di 6 gamberoni insieme all’olio, uno spicchio d’aglio e un peperoncino. Schiacciare le teste, togliere l’aglio appena dorato, aggiungere l’acqua, i pomodorini divisi a metà, la cipolla divisa a metà, il sedano e la carota precedentemente spellati e un pizzico di sale. Lasciare bollire dolcemente.
In una casseruola fare un soffritto con uno spicchio d’aglio diviso a metà e privato dell’anima, l’olio e il peperoncino. Togliere l’aglio appena dorato e aggiungere il misto di pesce.
Cuocere per 5 minuti, sfumare con il vino bianco.
Aggiungere il riso, tostarlo e continuare a cuocerlo con il brodo.
Decorare il piatto con riccioli di zucchine e carote fritti e prezzemolo fritto.

Alessandro Ricchi



La recensione
Storia d'inverno




New York del Novecento. Peter Lake è un ladro di professione e un orfano che da neonato è stato raccolto dalle acque del fiume Hudson dai pescatori locali. Cresce sotto la cura di un ladro famoso e potente chiamato Pearly Soames, in realtà un demone che trova soddisfazione nell'uccidere e che è a capo di una banda chiamata Five Points. Peter, dopo aver capito quali erano le intenzioni di Pearly, decide di andarsene tradendone così le aspettative del suo mentore, che lo voleva a capo della banda…
Che abbaglio! Storia d’inverno di Akiva Goldsman tratto dall’omonimo romanzo di Mark Helprin, si è rivelato una vera delusione. E pensare che sulla carta è un film vincente. Ha tutto: la storia di un amore talmente forte da superare i secoli, l’eterna lotta tra il Bene e il Male (quello vero, con Angeli e Demoni), un eroe buono (che la Disney avrebbe definito “un diamante allo stato grezzo”) e una innocente da salvare. Il romanzo, circa ottocento pagine, è un dipanarsi di personaggi di varia natura e che abbracciano oltre un secolo di storia: un piccolo gioiellino letterario. Goldsman, purtroppo, ha tralasciato diversi personaggi, elementi e sfumature del libro. Insomma ha scelto la via semplice e l’ha anche percorsa male, perché la sceneggiatura è piatta e molto banale. I dialoghi sono molto ingenui e, troppe volte, rasentano la stupidità. Queste ingenuità si estendono anche alla scenografia del film che risulta fin troppo superficiale e mediocre: il Male è rappresentato dal colore nero e il Bene dal bianco. Unica nota interessante è l’utilizzo di una texture di colori freddi, sottolineando l’inverno e il gelo che circondano Peter, che contrastano col caldo dei rossi capelli di Beverly. Bravi gli attori, quelli maschili perché Jennifer Connelly non è assolutamente in parte. Colin Farrell e Will Smith, in cameo, non hanno nulla da eccepire. Il migliore è Russell Crowe, cattivone doc, che sembra davvero trovarsi a suo agio coi ruoli malefici. 

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA



Serata tipo - Raccontare la Storia con una merenda

Molto spesso i film vengono in aiuto della scuola o dei genitori che devono spiegare o raccontare un difficile avvenimento storico ai più piccoli. Uno di questi è l'Olocausto. Il bambino con il pigiama a righe è un delicato lungometraggio che racconta il Nazismo attraverso gli occhi di due bambini e della loro profonda amicizia, che ha superato anche le difficoltà razziali. Per accompagnare un tale insegnamento, c'è bisogno di addolcire la bocca. Richiamando la tradizionale cucina giudaico - romanesca, ecco una rivisitazione di un loro dolce classico: la crostata di ricotta e marmellata di visciole, che qui è diventata Crostata di ricotta e confettura di mirtilli neri di bosco. La ricetta originale è molto diffusa anche a Pitigliano, paese nativo della madre di Elena. Un modo per rendere omaggio al paese che viene definito La Piccola Gerusalemme.


La ricetta
Crostata di ricotta e confettura di mirtilli neri di bosco




INGREDIENTI per 8 persone:

-         300 g. di ricotta di bufala;
-         170 g. di confettura di mirtilli neri di bosco.

Per la pasta frolla vedi ricetta della crostata ai frutti di bosco.


PREPARAZIONE (60 minuti):

Dopo aver preparato la pasta frolla e dopo averla fatta riposare in frigo, dividerla in due parti e stenderle entrambe su un ripiano di marmo aiutandosi con la farina per non farle attaccare.
Disporre un primo cerchio più ampio su una tortiera precedentemente oleata, stendere prima la ricotta e poi la marmellata. Chiudere il tutto con il rimanente cerchio di frolla meno ampio.
Chiudere bene i bordi, spennellare con l’albume d’uovo. Cuocere in forno caldo ventilato a 180° per 40 minuti.
E’ possibile anche lavorare la ricotta con un po’ di zucchero a velo.
Impiattare con zucchero a velo, pezzettini di cioccolato fondente e guarnire con topping al cioccolato.

Alessandro Ricchi



La recensione
Il bambino con il pigiama a righe





Bruno vive a Berlino con la sua famiglia. Il padre, ufficiale nazista, riceve una promozione che lo porterà a comandare un piccolo campo di concentramento. Dopo una sfarzosa festa, fra l’orgoglio della moglie e il disappunto della madre, l’intera famiglia parte. Bruno si annoia lontano dai suoi amici; l’unica cosa che sembra attirarlo è quella fattoria vicino a loro, dove lavorano strani contadini vestiti tutti con dei pigiami a righe. Mentre la sorella di Bruno si innamora del giovane Tenente Kotler, gli equilibri della casa iniziano a rompersi..
L’Olocausto è stato al centro di diverse pellicole, donandogli sfumature differenti a seconda del modo di narrarlo, o di quale punto focalizzare. C’è chi ha preferito parlare di tedeschi che hanno salvato ebrei, chi della scelta difficile di madri in difficoltà, di fughe in treno o di bugie a fin di bene per nascondere ai figli la crudele realtà. Nel film di Mark Herman, la scelta cade su di un bambino e la sua famiglia. Bruno, con l’ingenuità dei suoi otto anni, apprende cosa sia un campo di concentramento a piccoli passi, accompagnandoci in quello che è un climax di forte impatto emotivo: la morte dei due amici, mentre si prendono per mano. La regia rigorosa, priva di virtuosismi, è accompagnata da una bella fotografia e da un buon cast, su cui primeggia Vera Farmiga (la madre). La bellezza, nonché la delicatezza, del film risiedono nel non mostrarci nulla, ma di farci intuire tramite suoni e sguardi dei protagonisti, la condizione in cui versano gli ebrei; giocoforza la consapevolezza storica di chi guarda e ben conosce cosa abbia affrontato questo popolo. La scena finale, infatti, verte proprio su questo; nel momento in cui gli viene ordinato di spogliarsi e di accalcarsi nelle docce, già capiamo cosa stà per accadere, proprio in virtù di quella coscienza storica. La crudeltà del nazismo si evidenzia tramite piccole pillole, nozioni, che sia il padre, il nonno o l’istitutore cercano di insegnare a Bruno stesso, che non comprende come possa un solo uomo o un intero popolo distruggerne un altro, senza capire che proprio loro sono la causa di uno sterminio. Il personaggio della madre è l’alter ego del pubblico stesso, che guarda, capisce ma non può far altro che continuare a guardare. L’interno del lager, ci viene mostrato solo alla fine, con l’ingresso di Bruno che diventa il portale di passaggio fra l’esterno e l’interno, divisi non solo da una barriera ideologica, ma anche fisica: quella del filo spinato elettrificato. Tale barriera viene già scalfita col passaggio del cibo per Shmuel e, con più forza, quando i due bambini fanno pace stringendosi la mano. L’amicizia fra Bruno e Shmuel è sincera e sentita: entrambi hanno il solo desiderio di conoscere un proprio coetaneo con cui poter giocare. L’unico momento di tensione fra i due si ha non perché Bruno creda ai dettami nazisti, ma perché spinto dalla paura che Kotler possa fargli del male, nel momento in cui vede li vede parlare. In questo crescendo di fratellanza, si rende ancor più giustificabile il fatto che Bruno passi il recinto ed aiuti l’amico a ritrovare il padre. Il film si chiude sulla portone serrato delle docce a gas, da cui proviene solo silenzio. Inevitabilmente ci si commuove.

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA


mercoledì 19 febbraio 2014

Serata tipo - Per coppie in vena di romantica comicità


Diciamolo! Imboccarsi vicendevolmente ha il suo perché. E' sensuale, è appagante, è gustoso. Potrebbe essere persino il preludio per qualcos'altro... Ecco quindi una ricetta semplice e veloce che lascia spazio ad altri piaceri. La Frittura di lattarini con insalatina di cavolo, radicchio e melograno è il piatto che fa al caso nostro! Quest'insalatina fresca, leggera e spiritosa nei colori e al palato (il cavolo pizzica, il radicchio è amaro e il melograno è dolce) sarà il giusto contorno dopo una frittura di pesce. Sempre restando in vena di romantica allegria, vi proponiamo il film Hysteria, che altro non è che la storia della nascita del vibratore (tranquilli, niente di volgare!). Enjoy! 


La ricetta
Frittura di lattarini con insalatina di cavolo, radicchio e melograno




INGREDIENTI per 2 persone:

-          600 g. di lattarini del Lago di Bolsena;
-          200 g. di farina 00;
-          500 m.l. di olio di semi;
-          mezzo melograno;
-          4 foglie di cavolo bianco;
-          4 foglie di radicchio;
-          sale, olio evo, aceto di mele: q.b.


PREPARAZIONE (20 minuti):

Aprire il melograno e togliere i chicchi. Lavare le foglie di cavolo e di radicchio, tagliarle a striscioline e metterle in un’insalatiera; aggiungere i chicchi di melograno e condire con olio evo e aceto. Lavare i lattarini, asciugarli bene con carta assorbente, infarinarli e friggerli in olio di semi ben caldo. Asciugare la frittura con carta per il pane, salare.
Impiattare mettendo i lattarini su un lato del piatto e l’insalatina sull’altro.

Alessandro Ricchi



La recensione
Hysteria




Nella psichiatria ottocentesca l’isteria era considerata una forma di nevrosi tipica delle donne, caratterizzata da vari disturbi psichici e da sintomi sensoriali e motori, come l’eccitabilità, l’irritabilità, l’ansia, la malinconia, la ninfomania, la depressione e l’angoscia. Nella pudica Londra vittoriana di quegli anni metà delle donne della città soffrivano di ciò che veniva impunemente definito ‘isteria’. A curarle dottori particolarmente abili con le mani, perché chiamati a solleticarne il clitoride, sino al punto del parossismo. Uno di questi, il giovane e ambizioso Dottor Joseph Mortimer Granville, trova lavoro presso il Dottor Dalrymple, specializzato nel trattamento dei casi di isteria. Dalrymple ha due figlie: Emily, perfetta in ogni cosa e sostenitrice dei diritti delle donne più deboli e direttrice di una piccola casa d’accoglienza per bambini poveri e famiglie bisognose…L’oggetto del desiderio femminile ha una sua data di nascita e un suo inventore. A svelarne l’incredibile storia ci pensa il cinema inglese con questo delizioso Hysteria, film in Concorso al Festival di Roma del 2012. Accolto da fragorose risate e calorosi e convinti applausi, il film di Tanya Wexler scivola via sulle ali della leggerezza, strappando ricche risate, grazie ad uno script frizzante, mai volgare, a tratti irriverente e storicamente ‘credibile’. Perché la storia raccontata dalla Wexler è realmente vera, come sottolineato ancor prima di iniziare, portando al cinema un periodo storico condito da cambiamenti tecnologici epocali. Sono gli anni 80 dell’800, gli anni della scoperta dei germi, dell’evoluzione medica e soprattutto del proliferare dell’isteria, fino al 1952 considerata dall’istituto psichiatrico americano un disturbo mentale femminile. Nello smontare tale folle idea, la regista da’ vita ad un titolo ovviamente femminista, riuscendo così nella non semplice impresa di costruire un’intera pellicola sull’invenzione di un oggetto apparentemente tanto semplice quanto secondario. Il vibratore. Prendendo sempre e comunque in considerazione dati storici realmente verificatisi, Tanya Wexler è poi riuscita a dare un’impronta precisa a questo titolo, trasformandolo in un manifesto politico sull’emancipazione culturale e sociale della donna, con tanto di storia d’amore tra i due protagonisti. Al fianco di un affascinante e convincente Hugh Dancy troviamo un’appassionata, apparentemente ‘isterica’, generosa e rivoluzionaria Maggie Gyllenhaal, con Jonathan Pryce e un esilarante e deturpato dalla chirurgia estetica Rupert Everett a completare il ricco quadro attoriale. Ricostruita una credibile Londra, divisa tra alta e ricca borghesia e bassifondi poveri e luridi, la Wexler non ha fatto altro che raccontare la nascita di quell’oggetto che negli anni 70 del 900 diventerà strumento di liberazione sessuale, scegliendo la non semplice strada della commedia tipicamente britannica, perché esilarante e ricca di dialoghi taglienti e pungenti. Abbandonata immediatamente l’idea di dar vita ad un noioso film biografico, regista e produttrici hanno così spinto sul pedale dell’acceleratore, volando soprattutto nella prima e ultima parte, portando in sala non solo una storia d’amore e l’invenzione di un semplice oggetto, bensì lo spirito di cambiamento e progresso che in quegli anni si faceva sempre più pressante. Toccando un argomento ancora oggi clamorosamente ‘delicato’ e per molte donne imbarazzante, Tanya Wexler ha avuto il pregio di volerci ridere sopra senza mai prendersi troppo sul serio, finendo così per confezionare un titolo semplicemente sorprendente, per quanto volutamente leggero, divertente e ben calibrato.

Elena Mandolini

Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA






Serata tipo - En solitaire (per lei)

Dopo la En solitaire (con paura) ecco una nuova versione della serata, ma questa volta specifico per lei. Per quando si ha voglia di rimanere accoccolate sul divano, in tuta, per godere appieno dell'intimità della nostra casa, della nostra nicchia. Magari si potrebbe vedere il delizioso film Viaggio da sola con Margherita Buy, mentre nel forno si sta finendo di cuocere un leggero e salutare Tortino di alici. Perché no? Coccolarsi, amarsi e regalarsi una serata tutta per sé ci fa stare meglio e ci fa meglio affrontare lo stress lavorativo...


La ricetta
Tortino di alici




INGREDIENTI  per 2 persone:

-          500 g. di alici;
-          4 zucchine (o 2 patate grandi);
-          sale, pepe, paprika forte, olio evo, pane grattato, origano: q.b.


PREPARAZIONE (40 minuti):

Pulire le alici e aprirle a libretto. Pulire le zucchine, dividerle a metà e tagliarle a strisce. Mettere la carta da forno su una teglia, disporci sopra le zucchine, un pizzico di sale e di pepe. Ricoprire con le alici, un pizzico di sale, l’origano, il pane grattato e un filo d’olio.
Cuocere in forno caldo a 190° per 30 minuti. Impiattare con una spolverata di paprika.
Si possono sostituire le zucchine con delle patate tagliate a fettine sottili.

Alessandro Ricchi



La recensione
Viaggio da sola




Irene è una quarantenne, single e senza figli. É un'ispettrice alberghiera che valuta e giudica le prestazioni di hotel di lusso, in incognito. Nella sua vita i punti fissi sono la sorella Silvia, sposata e con figli che le recrimina sempre le sue scelte di vita, e Andrea, un suo ex più giovane e ora migliore amico. La vita di Irene si divide fra Hotel e alberghi di lusso in giro per il mondo… Maria Sole Tognazzi dirige Margherita Buy nel suo nuovo film Viaggio sola. Dopo Passato prossimo, L’uomo che ama e il documentario dedicato al padre Ritratto di mio padre, la Tognazzi ci racconta una storia semplice, uno stralcio della vita di una donna quarantenne e single. Il film è apparentemente elementare ma, in realtà, nasconde un messaggio profondo che, per chi lo saprà cogliere, sarà molto forte. La fragilità della vita, non intesa in senso fisico ma in quello più prettamente psicologico, è fatto di equilibri. È questo il nucleo che la regista vuole sottolineare. Le illusioni della nostra vita, di tutto ciò che riteniamo perfetto in essa, può essere solo un velo che copre delle inquietudini ben più grandi. Viene, quindi, da porsi una domanda: siamo davvero felici, oppure ci illudiamo accontentandoci di quello che abbiamo, dicendo a noi stessi che era proprio ciò che abbiamo sempre cercato e voluto? Irene è apparentemente felice ed appagata, anche se i suoi timori sono evidenti dallo sguardo e dal suo portamento. Quella sua finta sicurezza, vacilla proprio quando viene a mancare il suo punto di riferimento: l’affetto del suo amico Andrea. Inoltre, per buona parte del film, c’è un’altro tema ricorrente: la famiglia. Questa pellicola, girata in sette località diverse, tra Berlino e Marrakech, è una commedia agrodolce che fa riflettere non solo sul senso di libertà, ma sul significato della vita non condivisa. Non sempre, infatti, l’essere single o comunque il non avere dei figli e una famiglia, vuol dire essere soli; la solitudine è qualcosa connessa all'animo umano ed è imprescindibile dalla nostra essenza, anche se siamo circondati da cari parenti. La sceneggiatura, scritta da Maria Sole Tognazzi,  Francesca Marciano e Ivan Cotroneo è delicata, spiritosa quando occorre e incisiva nei momenti più delicati; davvero ben scritta e senza nessun elemento barocco inutile. Il vero valore dello script di Viaggio sola è sottolineare che quando la protagonista si pone domande, alla fine si dà risposte senza scatenare alcun inferno in terra. Un buon esempio per chi, nei suoi film, fa urlare, correre o imprecare contro il cielo. Nel cast, spicca una bravissima Margherita Buy, accompagnata da un  Stefano Accorsi un po’ sottotono, Fabrizia Sacchi, Gian Marco Tognazzi e Alessia Barela. Il film è da vedere se si vuole riflettere sul concetto di solitudine e capire i confini della libertà, un concetto astratto che molto spesso non esiste.

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film! 

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sabato 15 febbraio 2014

Serata tipo - Cena goliardica con amici che amano mangiare tanto

Ogni tanto gli strappi alle regole della dieta fanno bene. E appagano palato e pancia. Questa è una cena non adatta a stomaci delicati. Questo, signori e signore, è uno di quei piatti super calorici, ma dall'immensa soddisfazione mangereccia. Stiamo parlando della Polenta con salsicce e funghi porcini. Dopo un delicatissimo pasto, visto che siamo in compagnia di amici, ci vuole un film allegro e corale: Immaturi. Enjoy yourself!


La ricetta
Polenta con salsicce e funghi porcini




INGREDIENTI per 4 persone:

-          300 g. di polenta integrale istantanea;
-          1 litro d’acqua;
-          8 salsicce al finocchietto;
-          180 g. di funghi porcini essiccati del Monte Amiata;
-          2 peperoncini;
-          2 spicchi d’aglio;
-          olio evo, sale, vino bianco: q.b.


PREPARAZIONE (30 minuti):

Mettere i funghi porcini in acqua tiepida per alcuni minuti. In una padella fare un soffritto con poco olio, i peperoncini e gli spicchi d’aglio tagliati a metà e privati dell’anima. Una volta dorato, togliere l’aglio e aggiungere 2 salsicce private della pellicina, schiacciarle e cuocerle per circa 5 minuti. Aggiungere le altre salsicce private della pellicina e tagliate ciascuna in tre parti.
Cuocere per circa 5 minuti, sfumare con vino bianco e continuare a cuocere con coperchio a fuoco basso per altri 15 minuti.
In una grande casseruola di alluminio portare a ebollizione l’acqua, aggiungere una manciata di sale grosso e versare poco per volta la polenta girando con un mestolo di legno.
Cuocere per circa 10 minuti sena smettere di girare.
Rovesciare la polenta su una spianatoia di legno, pareggiarla e ricoprirla con il condimento.

Alessandro Ricchi



La recensione
Immaturi





Il Ministero della Pubblica Istruzione ha annullato la prova per il conseguimento del diploma di maturità di una classe del Liceo Classico Giulio Cesare di Roma, avvenuta vent'anni prima. Pena la perdita delle lauree o di altri attestati conseguiti in seguito, la classe dovrà affrontare nuovamente l’esame di maturità classica…
Divertente e spiritoso, Immaturi è il tipico film scacciapensieri che rilassa e distrae dalla quotidianità. Paolo Genovese porta al cinema uno degli incubi più ricorrenti di tutti noi: il ritorno al liceo con conseguente esame di maturità da superare. Di nuovo. Con questa premessa il regista ci racconta una storia che più volte abbiamo visto nei film nostrani degli ultimi anni; basti citare Notte prima degli esami di Fausto Brizzi. Genovese, però, ci regala qualcosa in più: dei finti maturi, dei professionisti del proprio settore, che in realtà sono ancora degli immaturi che andrebbero accompagnati per mano. Così piacevole il pacchetto realizzato dal regista, che non ci si rende conto di star osservando tutti gli stereotipi più classici portati al cinema: la paura di diventare padre, quella di impegnarsi con la persona amata, quella di abbandonare il nido materno. Con ironia e un pizzico di sagacia, Genovese si aggira nei meandri di questi quarantenni alle prese coi fantasmi del passato e con i demoni del futuro, regalando anche diverse perle di saggezza (per chi saprà ascoltare il suo film e non solo vederlo). Grazie al personaggio di Luisa che ripassa l’intero pensiero di Epicuro, infatti, vengono recuperate diverse massime e aforismi che dovremmo tenere presente in ogni singolo giorno della nostra vita. La sceneggiatura del film è ben scritta, con dialoghi semplici e scorrevoli, senza inutili fronzoli o frasi ad effetto; forse un paio di scene clichè potevano essere evitate, ma sono comunque ben scritte per cui non infastidiscono chi guarda il film. Molte le scene divertenti, soprattutto quelle che vedono protagonisti Lorenzo e i suoi genitori, oppure gli exploit di Francesca. Bravi tutti gli attori: Ambra Angiolini, Barbara Bobulova, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu e persino Raoul Bova. Una menzione speciale per Ricky Memphis, che dà anima e corpo al personaggio di Lorenzo.

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Serata tipo - Serata romantica alla New Zealand

In questi giorni stiamo seguendo il 6 Nazioni di Rugby e così ci è venuta la voglia di rivedere vecchie foto dello scorso anno, fatte durante le partite dell'Italia allo Stadio Olimpico. Tra le foto di Martin Castrogiovanni e Andrea Lo Cicero, sono uscite anche quelle della partita contro gli All Blacks, alias la Nazionale Neozelandese. Così Alessandro, da bravo Chef, ha iniziato a pensare alla cultura maori e a quali ingredienti utilizzino per i loro piatti. Di rimando, da brava critica cinematografica, ho iniziato a pensare a quali film abbiano meglio rappresentato questa suggestiva cultura. Eccovi quindi il Filetto di tonno alla New Zealand (creazione originale) e La ragazza delle balene. Questo post, oltre a essere dedicato a tutte le coppie in vena di romanticismo (inteso nel senso più amplio del termine), è per la nostra amica Chiara, antropologa doc. Non solo perché ama tanto la Nuova Zelanda e la cultura maori, ma perché, seppur sia italiana, sembra che questo amore la abbia invasa al punto tale, da averle fatto acquisire dei deliziosi lineamenti del Sud Pacifico. 


La ricetta
Filetto di tonno alla New Zealand






INGREDIENTI per 2 persone:

-          2 bistecche di tonno dello spessore di circa 2 cm.;
-          6 kiwi;
-          1 patata dolce grande;
-          80 ml. di latte;
-          1 cucchiaio di parmigiano;
-          buccia grattata di mezzo limone;
-          succo di mezzo limone;
-          sale, olio evo, pepe rosa, noce moscata, sesamo, semi di papavero, menta, zucchero, acqua: q.b.


PREPARAZIONE  (30 minuti):

Impanare il tonno mischiando il sesamo e i semi di papavero. Preparare un’emulsione con succo di limone, olio, pepe rosa macinato al momento e alcune foglie di menta tritate.
Tagliare a fettine 4 kiwi, caramellarle in un padellino con zucchero e acqua.
Sbucciare la patata, tagliarla a dadini e cuocerla al vapore per 5 minuti. Schiacciarla con lo schiaccia patate, metterla in un pentolino con il latte precedentemente scaldato, un cucchiaio d’olio, il parmigiano, il sale, la buccia di limone e una grattugiata abbondante di noce moscata.
Tagliare i rimanenti 2 kiwi a metà  e privarli della polpa.
Cuocere il tonno su una griglia per 3 minuti per lato.
Impiattare ponendo sul fondo del piatto le fettine di kiwi, sopra il tonno con l’emulsione e alcuni grani di pepe rosa. Ai lati del tonno mettere le 2 metà vuote del kiwi riempite di purè.

Alessandro Ricchi



La recensione
La ragazza delle balene






Nuova Zelanda. In una delle tribù maori più importanti del paese, c’è grande fermento perché Porourangi, figlio del severo capo Koro Apirana, sta per diventare padre di due gemelli, un maschio e una femmina. L’attesa è più che altro per il maschietto che, essendo il primogenito, avrebbe ereditato il titolo di capo. Secondo un’antica leggenda, gli Apirana discendono dalla mitica figura di Paikea, un giovane uomo (oppure un semidio?) che arrivò su quelle terre cavalcando una balena. Purtroppo, durante il parto, muoiono sia la moglie di Porourangi che il figlio maschio. Per Koro è una delusione e la sua furia esplode quando il figlio gli dice che chiamerà la bambina proprio Paikea…
La ragazza delle balene, tratto dal romanzo di Witi Ihimaera, è una di quelle opere che per apprezzarla deve essere vista. La bellezza dei luoghi, dei canti maori e dello spirito di Paikea possono anche essere descritti a dovere, ma non emozioneranno mai quanto la visione del film. Il messaggio centrale del lungometraggio di Niki Caro è l’amore per la propria cultura e per le proprie origini, che devono essere assolutamente preservati. Koro è sicuramente un uomo duro, nonché un nonno e un padre severo, ma questa sua durezza nasconde in realtà un amore e una dedizione profonda per la cultura del proprio popolo. Con estremo rigore insegna ai giovani maori quei canti, quelle leggende che possano un domani continuare a essere tramandate. La memoria deve essere custodita e difesa dalla modernità e dall’incursione di altre culture. Un pensiero che ogni paese dovrebbe far suo e regalare alle nuove generazioni e che dovrebbe diventare una dottrina. In contrapposizione, c’è proprio la figura di Paikea: un’adolescente che ama già la sua cultura e vorrebbe che suo nonno capisse quanto. Paikea ha tutte le caratteristiche per diventare il capo perfetto, quello che, secondo Koro, dovrebbe riportare in auge i maori ma ha anche il demerito, secondo le antiche tradizioni maori, di essere una femmina. Le donne maori, infatti, non possono praticare la lotta, andare in canoa, oppure entrare in luoghi sacri deposti alla formazione dei maschi della tribù. Paikea, però, dimostra di avere il vero spirito necessario che manca proprio ai suoi coetanei maschi, per la serie: quando le regole possono anche essere cambiate, senza stravolgerne il senso. Oltre a tutto questo, il film ha una colonna sonora d’eccezione realizzata dall’artista Lisa Gerrard, che assieme a Hans Zimmer ha vinto l’Oscar per la colonna sonora de Il gladiatore. La ragazza delle balene ha vinto il premio come miglior film straniero al Sundance 2013 e al BAFTA 2013, mentre al Toronto International Film Festival il premio del pubblico; in oltre, grazie alla bella interpretazione della giovane Keisha Castle – Hughes (Paikea), è arrivato fino agli Academy Awards nella categoria Miglior attrice protagonista. Un ultima nota arriva dal backstage del film e che a ancor di più ci fa comprendere quanto La ragazza delle balene abbia colto in pieno lo spirito maori: quando la giovane attrice Castle – Hughes praticava la lotta oppure saliva in canoa, sono stati intonati dei canti per scongiurare la sfortuna che ne sarebbe derivata. Da vedere per respirare un’aria di favola moderna.

Elena Mandolini



Buone pappe e buon film!


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mercoledì 12 febbraio 2014

Serata tipo - Menù di San Valentino

San Valentino è per antonomasia la festa degli innamorati. Per quanto ci riguarda, crediamo che non sia così semplice. Questa giornata è per chi si vuole profondamente bene. Quindi amanti, amici, innamorati, coppie agli inizi e quelle collaudate, questo menù è per voi. Per consentirvi di festeggiare con piatti sfiziosi e un film divertente sull'amore che piacerà anche a chi non ama le storie romantiche. Un augurio speciale da Elena e Alessandro!!!!


Antipasto
Panzerotti di verdure





INGREDIENTI per 2 persone:

-          400 g. di misto verdure (spinaci, bieta, verza, scarola);
-          1 cucchiaio di pinoli sgusciati;
-          1 manciata di olive di Gaeta;
-          1 spicchio d’aglio,
-          1 peperoncino;
-          olio evo, sale, curry, paprika: q.b.

 Per la sfoglia vedi la ricetta dello Strudel Porcellino a seguire.


PREPARAZIONE (40 minuti):

Pulire le verdure e ripassarle in padella in un soffritto aglio, olio e peperoncino. Aggiungere le olive denocciolate e i pinoli.
Preparare la sfoglia, stenderla con il matterello, ricavarne dei cerchi grandi, metterci al centro un cucchiaio abbondante di verdure e chiuderlo con la forchetta come un raviolo grande.
Spennellare i panzarotti con olio al curry. Cuocerli in forno caldo a 200° per 30 minuti.


Secondo piatto
Strudel porcellino






INGREDIENTI per 2 persone:

-          200 g. di filetto di maiale;
-          mezza mela Golden;
-          una manciata di noci;
-          una manciata di pinoli;
-          4 cucchiaini di confettura di arance amare;
-          100 g. di farina di kamut;
-          100 g. di farina di grano duro;
-          1 bicchiere d’acqua;
-          sale, olio evo, zenzero, salvia, pepe nero, curry, paprika forte: q.b.;
-          succo di mezzo limone;
-          50 g. di pecorino sardo;
-          1 bicchiere di latte.



PREPARAZIONE (40 minuti)

Preparare la sfoglia mettendo la farina a fontana sulla spianatoia, al centro un bicchiere d’olio e un pizzico di sale. Impastare aiutandosi con l’acqua. Formare una palla. Lasciarla riposare alcuni minuti. Nel frattempo tagliare il filetto di maiale e la mela a dadini, marinare il tutto in un’emulsione composta da olio, succo di limone, pepe, zenzero e salvia.
Stendere la palla di pasta con un matterello, ritagliare un grande rettangolo e metterci al centro il maiale e le mele. Aggiungere un pizzico di sale, la confettura, le noci e i pinoli. Chiudere formando uno strudel. Spennellare con un olio al curry. Cuocere in forno caldo a 200° per 35 minuti.
Formare la fonduta facendo sciogliere il pecorino con il latte a bagnomaria.
Impiattare con la fonduta a specchio, sopra lo strudel tagliato a metà e una spolverata di paprika.


Dolce
Ravioli dolci di San Valentino





INGREDIENTI:

-          170 g. di confettura di albicocche;
-          170 g. di confettura di more di rovo.

Per la pasta frolla vedi ricetta della crostata ai frutti di bosco: post di domenica 26 gennaio 2014 (Serata tipo - Merenda con i bimbi).


PREPARAZIONE:

Una volta preparata la pasta frolla stenderla su un ripiano di marmo aiutandosi con la farina per non farla attaccare. Mettere dei cucchiai di marmellata distanziati, ricoprirli e chiuderli con la forchetta formano dei ravioli.
Spennellare i ravioli con l’albume d’uovo, cuocerli in forno caldo ventilato a 180° per 40 minuti.

Alessandro Ricchi



La recensione
500 giorni insieme




Con sbalzi temporali rapidi, ci viene raccontata la storia d’amore fra Tom e Sole. Lui romantico in attesa del grande amore, lei che per paura di soffrire fugge le storie longeve...
Se si dovesse giudicare 500 giorni insieme solo dalla storia, verrebbe da rispondere che si tratta di un film banale. Un guizzo rintracciabile è nell’inversione di ruoli che vede l’uomo romantico e la donna apparentemente insensibile. Per il resto tutto già visto. La particolarità della pellicola, che la rende decisamente piacevole e spensierata nonostante anche gli attimi di tristezza, è quella costante dose di ironia che la pervade. Persino negli attimi di angoscia ci si ritrova a sorridere; senza contare che il film inizia con una frase sardonica a tutto schermo, che è meglio non citare per esteso, rivolta evidentemente a una ex del regista. Il regista Marc Webb gioca con abilità e astuzia con più di un espediente visivo per accentuare l’aspetto ironico e sarcastico del film e, provenendo dal mondo dei videoclip, è pane per i suoi denti. C’è un disegno che funge da calendario con i giorni che scorrono avanti o indietro a seconda del salto temporale effettuato nella storia, con tanto di brutto o cattivo tempo, in base all’andamento del rapporto di coppia e ci sono persino due veri e propri videoclip, che corrispondono al periodo più felice di Tom e a quello più struggente. Il primo videoclip è la metafora del “toccare il cielo con un dito” nel periodo iniziale di ogni rapporto di coppia e Webb lo rende con Tom che canta e balla accompagnato da stranieri nel parco, una banda sbucata da dietro gli alberi e un uccellino realizzato in animazione che gli si posa sulla spalla: assolutamente geniale e divertente. Il secondo è una commistione di scene di film drammatici o surrealisti, con Tom e Sole come protagonisti in bianco e nero, che omaggiano film quali Il settimo sigillo. Un’altra squisitezza è l’idea di suddividere lo schermo in due parti, in cui il lato sinistro corrisponde alle romantiche fantasie di Tom, mentre quello destro rappresenta la triste realtà. Come se non bastasse, Webb riesce a scegliere le giuste canzoni che fanno diventare la colonna sonora, giusta complice della bella fotografia: Simon&Garfunkel, Doves, Spoon, Smith ed altri ancora. Impossibile non citare i due protagonisti freschi, azzeccati e decisamente perfetti nei loro ruoli: Zooey Deschanel (E venne il giorno; New girl) con gli occhioni da bambola stralunati e sempre deliziosa, e Joseph Gordon-Levitt (Mysterious skin, The lookout, Inception, Il cavaliere oscuro – Il ritorno, Looper, Don Jon) ammiccante e coinvolgente. Peccato per la traduzione del titolo e del nome della protagonista, che sviano il gioco realizzato nella lingua originale: Sole sarebbe Summer con il relativo titolo di 500 days of summer. Infine, il film propone una giusta prospettiva dell’amore e dei rapporti di coppia: possiamo fare di tutto per la persona che amiamo e tentare di farci amare a propria volta, ma se non è la persona del nostro destino, il rapporto finirà comunque. Il tutto snocciolato nell’ultimo dialogo fra i due protagonisti. In fondo è già stato raccontato praticamente tutto; il bello è trovare un modo nuovo di raccontare quelle storie. E 500 giorni insieme fa proprio questo. Delizioso.

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

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lunedì 10 febbraio 2014

Serata tipo - Insieme con leggerezza

E se si esce dal periodo delle abbuffate natalizie o pasquali? Se nel weekend abbiamo esagerato con alcool, apericene e cibi pesanti? Non c'è problema! Basta un secondo piatto a base di pesce e verdure e già ci sentiamo più leggeri. Con pochi ingredienti e un giusto grado di manualità, possiamo creare un piatto facilmente digeribile, raffinato e di grande effetto: Orata bicolore su letto di patate croccanti. Per continuare a mantenersi sul leggero, eccovi un film brioso e divertente: Voices.

La ricetta
Orata bicolore su letto di patate croccanti






INGREDIENTI per 2 persone:

-          2 filetti di orata;
-          2 foglie di cavolo bianco;
-          2 foglie di cavolo rosso;
-          2 patate grandi;
-          sale, pepe, rosmarino, paprika, olio: q.b.


PREPARAZIONE (40 minuti):

Pulire un’orata e ricavarne 2 filetti. Pulire e tagliare le foglie di cavolo prima a julienne poi a quadratini. Sbucciare le patate e tagliarle a rondelle sottili. Mettere la carta forno su una teglia e stenderci sopra le patate, salare, pepare, aggiungere rosmarino e paprika.
Cuocere le patate in forno caldo per 5 minuti a 190°. Togliere dal forno e porre i filetti di orata sopra il letto di patate. Ricoprire i filetti per metà con il cavolo rosso e per l’altra metà con il cavolo bianco. Aggiungere un pizzico di sale e un filo d’olio.
Cuocere in forno caldo per 20 minuti a 190°.
Impiattare ponendo le patate come base e sopra i filetti di orata.

Alessandro Ricchi


La recensione
Voices





Le studentesse universitarie Aubrey e Chloe fanno parte del gruppo vocale a cappella Bella’s Bardem dell’omonima università. Le ragazze stanno per esibirsi nella finale della gara più importante. Purtroppo, Aubrey, presa dall’agitazione, vomita sul palco decretando non solo la loro sconfitta, ma la vittoria dei loro acerrimi rivali della Bardem: i Ritmonelli. Qualche mese dopo, comincia un nuovo anno accademico e l’ambiziosa Beca sogna di trasferirsi a Los Angeles per diventare un DJ di successo, ma il padre, docente della Bardem, la spinge comunque ad iscriversi al primo anno e provare a vivere da matricola. I due stipulano un patto: se alla fine di quest’anno, pur vedendo le prove del suo impegno da studentessa e in ambito sociale, Beca sarà ancora convinta di abbandonare l’università, sarà lui stesso a pagarle il soggiorno e i suoi studi a Los Angeles. Beca si ritrova così nel gruppo delle Bella’s...
Brioso, frizzante e divertente. Voices, del regista Jason Moore, mostra un nuovo lato dei college americani. Qui non ci sono le solite e stereotipate confraternite, ma la bellezza della competizione, del sacrificio, dell’amicizia, unite a canzoni trascinanti cantate a cappella, ovvero senza l’accompagnamento di strumenti musicali o affini. Il film sorprende per la freschezza della sceneggiatura e i sottili ed acuti dialoghi. Il background di Moore, che ha girato episodi di Dawson’s Creek, Everwood e Brothers&Sisters, lo ha ben aiutato nel confezionare un’opera per ragazzi di tutto rispetto. Ogni personaggio ha delle peculiarità specifiche che vengono utilizzate sempre con coerenza dallo sceneggiatore Kay Cannon per tutto il corso del film e che si esplicitano perfettamente nella gara finale, dove ogni ragazza è vestita nel modo che le è più consono. La protagonista Beca è una ragazza con le sue ambizioni e i suoi sogni, che tende a rimanere un po’ isolata. Sarà proprio l’amicizia che la farà cambiare profondamente, facendole capire come questo sentimento possa farti crescere e come delle amiche sincere possano aiutarti nei momenti di difficoltà. Anche i personaggi secondari sono deliziosi e, molte volte, rubano la scena a Beca.  C’è l’ironica e obesa ragazza che si presenta lei stessa come Ciccia Emy, onde evitare cattivi commenti delle anoressiche; c’è la giapponese che parla sempre sottovoce deridendo i film horror nipponici, quella con la mania per il poker e la ninfomane. Fra tutte, però, spiccano Aubrey, il capo del gruppo canoro e maniaca del controllo e la dolce e comprensiva Chloe. Moore ha inserito diverse citazioni cinematografiche e un forte omaggio al film Breakfast Club, ma il punto su cui maggiormente si sofferma è, ovviamente, la colonna sonora. Le canzoni, cantate realmente dagli attori, toccano i più disparati generi musicali e grandi successi del passato e presente: impossibile non battere i piedi a tempo mentre si guarda il film. Il finale, un po’ scontato ma davvero perfetto per Voices, ricalca molto altri finali caratterizzati dalla rivalsa dei protagonisti, come Dirty Dancing, Flashdance e Save the last dance. Bravo il cast, quasi tutto al femminile. Rebel Wilson, Anna Camp e Brittany Snow sono davvero prorompenti; peccato solo per Anna Kendrick, qui un po’ sottotono rispetto ad altre sue performance entusiasmanti. Voices è un film gradevole che piacerà ai ragazzi che un pubblico più adulto.

Elena Mandolini

Buone pappe e buon film!

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