Translate

lunedì 26 gennaio 2015

Serata tipo - Spaventiamoci un poco!

Sono sempre carine e piacevoli quelle serate organizzate con amici e i rispettivi partner, tra manicaretti e film... Rigorosamente horror. Perché, ammettiamolo, spaventarci senza conseguenze fisiche, o reali, ha la sua ragion d'essere. Bando alle ciance e partiamo con questo nuovo abbinamento, sperando che vi possa aiutare nel realizzare una serata perfetta tra amici. Vi proponiamo un dolce semplice, leggero, ma sempre gustoso, ovvero la Torta alla nocciola con gocce di cioccolato. Per accompagnare una bella fetta di cotanto dessert, eccovi una tra le ultime fatiche horror americane: Ouija. Non molto riuscito a dirla tutta, però ha il suo perché.


La ricetta
Torta alla nocciola con gocce di cioccolato





INGREDIENTI per 8 persone:

-          4 uova;
-          150 g. di zucchero;
-          150 g. di farina di riso;
-          150 g. di nocciole pelate;
-          125 g. di yogurt alla nocciola;
-          buccia grattugiata di un arancio;
-          1 bustina di lievito per dolci;
-          1 cucchiaio di cannella macinata.


PREPARAZIONE

Sbattere con una frusta i tuorli, aggiungere lo zucchero, lo yogurt, le chiare montate a neve, la cannella macinata, buccia di arancia, continuare a lavorare. Aggiungere la farina, unita con il lievito, sbattere bene. Aggiungere 2/3 di gocciole di cioccolato e le nocciole tritate. Mettere il composto in una tortiera con carta forno, mettere le restanti gocciole di cioccolato, cuocere in forno caldo a 180 ° per circa 40-45 minuti.

Alessandro Ricchi


La recensione
Ouija







Debbie e Lane sono due bambine che cominciano a giocare per divertimento con una tavola Ouija. Le regole del gioco sono tre: non giocare mai da soli, non giocare in un cimitero e salutare sempre lo spirito. In oltre, Debbie confida alla amica che se guardi attraverso l’occhio della planchette, puoi vedere lo spirito con cui stai parlando. Passano gli anni e le due sono ancora grandi amiche. Debbie, però, infrange la prima regola e muore impiccata. Lane, addolorata, si chiede se la morte della migliore amica sia stata voluta da lei o se sia stata uccisa. Negli ultimi anni, sembra che il cinema horror si stia incartando su se stesso. Poche sono le eccezioni: Insidious, The Congjuring, La madre e Sinister. Come esempio di pessimo film, si può citare l’inconcludente 1303. Per il resto, calma piatta. Ouija si colloca nel giusto mezzo: non sorprende in quanto a originalità, ma almeno conserva una propria dignità. Il film è firmato da Stiles White, esordiente alla regia, ma con un forte background nell’ambito degli effetti speciali (Intervista col vampiro; Instinct; Il sesto senso). Non è un caso, infatti, che siano proprio gli effetti speciali la parte meglio riuscita dell’intero lungometraggio. Fantasmi e possessioni sono realizzata con dovizia di particolari e, bisogna ammettere, che non sempre ci si accorge che dietro c’è l’uso della computer graphic. Onore al merito. Il problema è la banalità di molte situazioni e gli stereotipi in cui si incappa, ormai, negli horror. E per cui l’opera di White si salva solo in parte. Molti accadimenti e molte concatenazioni di eventi sono gli stessi che ritroviamo in altri film di genere e alcuni settaggi sono davvero scritti male; non si spiega, infatti, come la nonna si scopra esperta di spiritismo solo alla fine del film e perché le due sorelle non si siano rivolte prima a lei. Come si dice in gergo: molte sequenze “sono telefonate”, ovvero si capisce cosa accadrà diversi minuti prima che avvenga. I personaggi sono piatti, molto monodimensionali e tendenti allo stereotipo. Davvero un brutto colpo, perché diversi fan del cinema horror attendevano Ouija con molte aspettative. Perché la “tavola degli spiriti” è uno dei fondamenti del paranormale e del sottogenere omonimo a cui molti lungometraggi fanno riferimento. Basti pensare che ne L’esorcista, la bambina viene posseduta proprio perché gioca da sola con la ouija e richiama a sé un essere maligno molto potente. Sicuramente, desta più curiosità la storia dell’entità DZ che tormenta Lane e i suoi amici, che qui viene poco analizzata e approfondita; chissà che non realizzino un prequel, visto che ora va molto di moda. Nonostante ciò, bisogna ammettere che in molte scene c’è una buona dose di suspense e che riesce anche a spaventare in tre, quattro momenti; sicuramente è poco per un film che si autodefinisce horror, ma è comunque sopra la media rispetto a pellicole davvero mediocri. Interessante è la questione della tavola degli spiriti intesa come “gioco” e non come strumento medianico; tant’è che i personaggi parlano sempre di “gioco” e di “voler giocare” con la tavola. Infine, nei titoli di coda campeggia la scritta “ispirato al gioco omonimo della Hasbro”. Alla fine di tutto, il film non aggiunge nulla di innovativo alla cinematografia, ma sicuramente, visto il successo al botteghino, ci sarà un seguito o, addirittura, una trilogia basata sulle tre regole e la prima è andata.

Elena Mandolini


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA


Serata tipo - agrodolce

Oggi partiamo dal film. Un'opera controversa, che sta facendo commuovere e riflettere, ma che sta anche creando discordie tra diversi critici, che lo reputano un film creato ad hoc solo per vincere gli Oscar. Onestamente, noi facciamo parte della prima schiera ed Elena non rientra nei critici detrattori. Anzi. Stiamo parlando de La teoria del tutto, basato sulla vita di Stephen Hawking. Per un film agrodolce, abbiamo pensato di abbinarci un piatto altrettanto agrodolce, grazie sia alla crema di soia che al succo del limone: le Pappardelle al limone. 


La ricetta
Pappardelle al limone





INGREDIENTI per 2 persone:

-          5 nidi di pappardelle;
-          succo di un limone;
-          2 cucchiai di crema di soia;
-          1 cucchiaio di semi di finocchio;
-          1 cucchiaino di granella di pistacchi;
-          olio evo, sale, pepe nero macinato, paprika, curry, cannella macinata, salvia tritata, origano, parmigiano grattugiato: q.b.


PREPARAZIONE (20 minuti):

Preparare un’emulsione con limone, olio, pepe nero, paprika, curry, cannella macinata, salvia, origano, semi di finocchio e pistacchi. Mettere l’emulsione in una padella e scaldarla, aggiungere la crema di soia e amalgamare.
Cuocere in abbondante acqua salata la pasta, scolarla al dente e saltarla nella padella con la salsa intervallando acqua di cottura e parmigiano.
Impiattare con una spolverata di parmigiano.

Alessandro Ricchi


La recensione
La teoria del tutto





1963, il giovane Stephen Hawking è un cosmologo dell'Università di Cambridge che sta cercando di trovare un'equazione unificatrice per spiegare la nascita dell'universo e come esso sarebbe stato all'alba dei tempi. Ad una festa universitaria conosce una studentessa di lettere: Jane Wilde. Entrambi sono attratti l'uno dall'altra e, ben presto, Stephen invita Jane al ballo di primavera dove si scambieranno il loro primo bacio sotto le stelle. La loro storia d'amore viene ostacolata però dalla comparsa della malattia degenerativa di Stephen: l'atrofia muscolare progressiva. Una recensione molto difficile da scrivere dal punto di vista oggettivo. Perché La teoria del tutto è un film che ti colpisce al cuore con una forza incredibile e che ti lascia strascichi emotivi anche giorni dopo averlo visto. L’opera racconta la potenza di un uomo e il suo desiderio di vincere una malattia progressiva e invalidante, la voglia di salvaguardare il suo cervello, di preservare la sua indole, di continuare ad amare. La cosa più sorprendente è che tutto questo viene racchiuso in un unico e piccolo uomo, fisicamente, ma immenso nella sua intelligenza: Stephen Hawking.  La sorprendente storia del cosmologo, già conosciuta proprio in virtù della sua malattia, è l’esempio di come niente potrebbe fermare un uomo e il raggiungimento dei suoi obiettivi; neanche un’infermità. L’unico elemento che potrebbe bloccarlo è proprio sé stesso, cosa che non è accaduta a Hawking. Persino la sua ironia e autoironia non si sono spenti e, anzi, sono diventati il modo per esorcizzare l’inabile condizione fisica. Niente, però, sarebbe stato possibile senza l’amore di una donna: Jane. L’unica che riuscì a scuoterlo dalla prima depressione a seguito della drammatica diagnosi, che lo sostenne nel suo percorso accademico, a dimostrazione che anche nella realtà esistono grandi storie d’amore e non solo nella fantasia. Il film è tratto dal libro Verso l’infinito, scritto proprio da Jane e portato su grande schermo dal documentarista James Marsh. Davvero un ottimo lavoro, anche a detta della figlia di Hawking e Jane, che in molte interviste a dichiarato quanto il film sia aderente alla realtà e alle vicende personali della sua famiglia; anche nelle piccole cose, come la riproduzione fedele delle loro case. Non è un caso che anche Hawking stesso, a seguito della prima visione del film, si sia commosso. Notevole, infatti, è il lavoro fatto da Marsh: una regia pulita, elegante e raffinata. Intense le sequenze caratterizzate dalle soggettive emotive del protagonista (cioè mostrare e far capire attraverso immagini, cosa prova il protagonista), in cui ci mostra l’isolamento dato dalla malattia. E vi riesce attraverso immagini sfocate, audio sporco e assenza totale di colonna sonora nei momenti più difficili dell’uomo, legati al peggioramento fisico. Molto bella anche la sequenza finale: un lungo movimento a ritroso, che ha un forte richiamo con le teorie di Hawking e che è accompagnata dalla struggente melodia firmata dall’artista Ludovico Einaudi.  La fotografia di Benoît Delhomme e la colonna sonora di Jóhann Jóhannsson vanno di pari passo con la bellezza del film. La teoria del tutto si poggia, in primis, sulla bravura del cast e, soprattutto, dei due attori protagonisti: Felicity Jones ed Eddie Redmayne. Incredibile la sintonia tra i due, specialmente nei momenti in cui devono affrontare la comparsa della malattia. Senza la bravura di questi due attori, la magia del film non ci sarebbe stata. Sopra ogni cosa, al di là di tutto, rimane impressa l’immensa interpretazione di Redmayne: impossibile da descrivere a parole, bisogna vederla per capire quanto l’attore si sia calato nella mente e nel corpo di Hawking. Per le loro interpretazioni, i due giovani attori hanno già vinto il Golden Globe e sono stati candidati all’Oscar. Un film davvero indimenticabile.

Elena Mandolini 


Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA

martedì 6 gennaio 2015

Serata tipo - L'ultima botta

Ma che avete capito? Qui ci riferiamo alla botta di cucina in merito al periodo natalizio. E, visto che la Befana tutte le feste si porta via, eccovi il nostro regalo dolce per voi, ovvero il Crumble di Tony, una gustosa variante del più famoso piatto inglese e irlandese. Ovviamente Alessandro ci ha aggiunto dei gustosi ingredienti, rivoluzionando  la ricetta di base; in realtà di crumble ci resta solo la copertura. Per questo dolce, abbiamo pensato, per contrappasso, a un film leggero e spiritoso a tema succhia sangue: Aiuto Vampiro. Buona Befana!


La ricetta
Crumble di Tony





INGREDIENTI per 8 persone:

-          3 rossi d’uovo;
-          100 g. di zucchero;
-          100 g. di farina di riso:
-          100 g. di farina di grano duro;
-          4 cucchiai di olio evo;
-          1 pizzico di sale;
-          400 g. di ricotta di mucca;
-          1 manciata di scaglie di cocco;
-          2 manciate di nocciole tritate;
-          1 cucchiaio di cannella;
-     Crema di nocciole: q.b.
-          100 g. di zucchero a velo;
-          2 manciate di corn flakes.



PREPARAZIONE (30 minuti):

Formare una sorta di pasta frolla mescolando in una ciotola con una forchetta i rossi d’uovo, lo zucchero e l’olio. Aggiungere poco alla volta le farine e un pizzico di sale. Continuare a lavorare con la forchetta fino a formare un impasto morbido e compatto. Lavorare l’impasto con le mani e formare una palla. Ricoprire l’impasto con la pellicola trasparente e farlo riposare in frigo per 24 ore.
Togliere la pasta dal frigo, stenderla con il matterello formando un disco. Disporre il disco in una tortiera tonda con carta forno. Stenderci sopra la crema di nocciole, aggiungere le scaglie di cocco. Ricoprire il tutto con la ricotta precedentemente lavorata con lo zucchero a velo e la cannella. Ricoprire con le nocciole e i corn flakes.
Cuocere in forno caldo a 180° per 40-45 minuti.

Alessandro Ricchi


La recensione
Aiuto Vampiro





Darren è un adolescente modello: bravo a casa, diligente a scuola, persino corteggiato dalle ragazze. Il suo migliore amico, Steve, è l’opposto: introverso, tormentato e ribelle. Darren è appassionato di ragni, mentre Steve legge saggi e romanzi sui vampiri. Una sera decidono di andare di nascosto al Cirque du Freak, dove conoscono il ragazzo serpente, la donna barbuta, ed altri “mostri” da cui restano affascinati. E’ la moda del momento: vampiri. Il non morto è risorto diventando protagonista di nuovi film, e facendo tornare alla ribalta in Italia diverse saghe letterarie che non erano ancora giunte da noi. Per la gioia di editori e produttori cinematografici. Due le scuole di pensiero: i buoni e bravi, come Edward di Twilight, oppure i cattivi bevitori di sangue come altri film a tema più recente, come Daybreakers-L’ultimo vampiro. Attenzione però, anche nel film più truci e splatter, alla fine si scopre sempre che qualcuno con i canini ben affilati, prova ancora compassione per la razza umana, salvandoci dall’apocalittica estinzione. In fondo è una soluzione di comodo: come farebbero a sopravvivere senza sangue?
Aiuto Vampiro non fa eccezione per queste regole di base. Vi sono, infatti, i vampiri che si nutrono di sangue umano senza ucciderli, per cui senza diventare spietati assassini, ed i vampiri killer, che come suggerisce la parola stessa, non sono avvezzi a buone maniere. Nessuna novità per il resto del film: lotte di potere, scambi di sangue, scontri fra buoni e cattivi. L’unica vera sorpresa è la rottura della bella amicizia fra Darren e Steve, che inevitabilmente si vedranno schierati nelle file opposte della lotta, arrivando anche ad uno scontro fisico vero e proprio nel finale del film. L’unico vero motivo che punzecchia la curiosità e spingerebbe a vedere un possibile seguito. Il protagonista è troppo ingenuo e buono. Meglio costruito il personaggio di Steve che essendo pervaso da sentimenti più umani, quali passione, senso di solitudine ed incomprensione ed ancora rabbia e delusione, risulta più simpatico ed accattivante. Giocoforza i due attori: Chris Massoglia, belloccio senza espressività, che accentua la piattezza del protagonista, contrapposto alla bravura di Josh Hutcherson (Hunger Games) che contribuisce a rendere ancor più credibile il personaggio di Steve.
Una nota in più per John C.Reilly, ottimo nei panni del vampiro capo dei Freak, e la piccolissima parte di Willem Dafoe, che oscura persino la bella e brava Salma Hayek.
L’elemento che meglio resta impresso e più colpisce di tutto il film è la fotografia. Ottimo uso delle luci e dei colori, che vanno a ricreare un’atmosfera surreale ed evocativa quanto basta ad inquietare anche lo spettatore più adulto. Interessante in tal senso è la costruzione del Cirque du Freak: decisamente inquietante e affascinante allo stesso tempo.
In sostanza Aiuto Vampiro resta un film per adolescenti e gli amanti di genere, tratto dai primi libri della saga di Darren Shan, che nella speranza del regista Paul Weitz, avrebbe dovuto sostituire quello che è il vuoto nei cinema, dopo l’ultima avventura del maghetto Harry Potter.

Elena Mandolini 

Buone pappe e buon film!

©RIPRODUZIONE RISERVATA